mercoledì 4 febbraio 2015

Al Mignon di Ferrara

Che grande e bella emozione è stata quella scaturita dalla vista del Mignon, il cinema porno di Ferrara.
Per molti il film porno non è considerato un vero e proprio film, ed è comprensibile vedendo quello che internet ci propina, ma alcune volte non è così.
È un genere fatto di molti stereotipi come lo sono tanti altri generi: western , col duello finale dove il buono vince sempre; il giallo, l’assassino è il maggiordomo; il romantico, coi due destinati ad innamorarsi che si amano alla fine del film; la commedia, l’uomo che scivola sulla buccia di banana e la conclusione di ogni scena è portata all’atto sessuale esplicito eppure un film è un insieme di caratteristiche che non comprendono solo gli attori, la regia, la sceneggiatura e le musiche ma comprendono, ad esempio, anche la fotografia e i costumi.
La differenza la fa in un film un po’ tutto, ma soprattutto il tempo che passa che fa vedere il film in un’altra ottica.
Belle donne che palesemente fingevano di godere, sesso senza dialogo, e una fotografia bella ma senz’anima.
Delusi da questa seconda programmazione siamo usciti dal film e dopo un giro in bagno, caratteristico anche questo con gli orinatori anni ottanta come le mattonelle, ci siamo messi a parlare col cassiere e il proiezionista.
Ci hanno dapprima raccontato la storia del locale, che ha anche visto fra le altre cose anche una kermesse di Pasolini, per poi raccontarci la verità del Mignon che altri non è che una zona franca che le persone hanno trovato lontano dalle famiglie.
In pratica poco differente da una bocciofila.
Renzo Montagani, Lino Banfi, Alvaro Vitali sono solo tre nomi di attori di un commedia denigrata che oggi è cult.
Sergio Leone ha riscritto col suo taglio un genere violento, razzista, scontato, trasformandolo in alcuni tratti e facendolo apprezzare a tutto il mondo.
Anche nel genere porno ci sono dei personaggi che hanno fatto la storia del cinema e della società (Joe D’amato e Moana Pozzi sono solo la punta di un iceberg) e che curano con meticolosità un genere di nicchia.
Questo genere rende nudo e crudo, e a tratti paradossale, uno dei momenti più intimi dell’essere umano ma, come ho appena scritto, ci sono modi e modi per farlo.
Il Mignon è forse uno degli ultimi angoli al mondo dove vedere un film porno non è un peccato ma un piacere.
Il Mignon si trova in una chiesa sconsacrata, nell’edificio più storico di Ferrara e trasmette i film in pellicola, con la “pizza”.
In questa realtà ci sono tante leggende, non si sa quanto vere e non si sa quanto metropolitane, io non ho visto nulla di strano.
Appena entrato in sala con gli amici Kikko e Fergy, le uniche persone che conosco intellettualmente adatte a farmi vivere un’esperienza del genere con tranquillità, la prima cosa che ho notato era l’odore.
Velluto impolverato e sudato.
Lo stesso odore che sentivo quando mi addormentavo da piccolo in estate sul divano di mia nonna quando era giù a Salerno.
Il film, confesso, non era un granché, viveva di un canovaccio costruito dentro la classica clinica medica e non di una trama, ma è stato interessante interpretare questa pellicola. In fondo come ci insegna Pirandello tutto è uno, nessuno, centomila.
In questo film, per noi, si è evidenziato il passaggio fra la vecchia scuola fatta di pelo e romanticismo, a quella moderna dove le donne sono glabre e non parlano mai.
Un film all’epoca improntato alla pura e semplice masturbazione che però cercava a tratti di dargli un senso logico per non essere un film fine a se stesso.
E questa logica ha un senso contando che la visione di un film vietato ai minori passava giocoforza per le sale cinematografiche simili al Mignon. Dove era un lusso avere in casa un videoregistratore, dove una videocassetta hard era un ingombrante simbolo di perversione; dove internet era un progetto militare e accessibile ai pochi.
Questo film cerca di giocare il tutto per tutto sull’abilità degli interpreti, cosa comune nei film a basso costo, sperando nel guizzo di genialità. Cosa che succedeva spesso nel cinema comico del dopoguerra dove attori come Totò o Franco e Ciccio erano costretti ad improvvisare situazioni comiche dando loro spessore.
È paradossale vedere che molti loro film dell’epoca non furono apprezzati dalla critica, ma dal pubblico sì, e che oggi la nuova critica li ha rivalutati riconoscendo in loro un talento che c’è sempre stato, ma nascosto dietro la penna del recensore.
Qui mancavano grandi attori e francamente la differenza l’ha fatta il tempo.
La prima scena era sullo stile vecchia scuola dove l’uomo chiedeva il permesso per fare quello che voleva fare e che alla conclusione chiedeva alla propria partner se le fosse piaciuto, regalandosi alla fine un bagno insieme in piscina con un bacio e qualche altra carezza che chiudevano la scena facendo immaginare all’avventore in sala un prosieguo di coccole simili a quelle che si fanno con la propria compagna dopo il rapporto sessuale.
La seconda scena era l’opposto con una donna cacciatrice che dopo aver azzittito due comare si è recata dal proprio uomo più bella che mai, con un intimo da paura, e con fare da donna padrona. Era lei che comandava ed era lei che decideva un po’ tutto come succede con la nuova scuola e lui zitto accettava il gioco provando però, a far vedere che era lui alla fine a comandare. Mi ricorda questo gioco delle parti quello che successe a mio cugino che da piccolo fu minacciato dalla maestra di subire la convocazione del padre e lui rispose con semplicità:-faccia pure. Tanto a casa chi comanda è mia mamma.-
La terza scena era un lesbo non particolarmente interessante (immortalata da Kikko in un video che sarà destinato a diventare un cimelio per pochi), con due donne chiaramente distinguibili nel ruolo (maschile e femminile) e dove la sensualità era poco accennata.
Non a caso “lo strappone”, un fallo di gomma che si allaccia alla parte intima della donna, era già incorporato sotto gli abiti di una della attrici.
Prolungata la scena orale nonostante mancasse il piacere del tatto ad una delle protagoniste.
Sicuramente questo un canovaccio nato grazie al film “Gola profonda” che ha creato la convinzione maschile che la donna gode nel fare il rapporto orale ma che non tiene minimamente conto che il piacere del rapporto orale è dovuto al senso unico di piacere dove uno dà all’altro il piace sessuale trovando il proprio nell’orgoglio di esserci riuscito senza averlo fatto provare.
Forse per questo motivo, il regista conscio che in tutto questo non c’era una vero senso di piacere, ha fatto spuntare dal cilindro un uomo che completa la scena in prima istanza senza penetrazioni con una fellatio per poi regalare due minuti di contatto anal con la donna femmina che a sua volta aveva un rapporto vaginale con la donna uomo.
Ultima scena degna di nota è la sesta, in quanto comica, dove un ammalato sulla sessantina viene “spompinato” dalla donna uomo di qualche scena fa.
A renderla paradossale il doppiaggio e l’espressioni facciali dell’attore che palesemente non aveva nessun rapporto orale.
Situazione che oggi non si vede più in quanto si è scoperto l’audio originale e sono finiti i camei dei registi che interpretavano il lato voyeur o comico del film.
In tutto questo susseguirsi di scene c’è stata tutta la vita del cinema con la pellicola consumata che andava fuorifuoco; con gli avventori che entravano e si mettevano o infondo alla sala a fumare e vivere solitari questa esperienza, oppure davanti a commentare in maniera goliardica il film attualizzandolo alla vita di tutti i giorni, deridendosi e pronti ad uscire in massa per vedere il replay del gol dell’Italia alla Bulgaria.
Ma ancora più interessante e romantico, soprattutto per chi è un amante dei film, il rumore di sottofondo della pellicola che girava nella macchia. Rumore di sottofondo che al cinema d’oggi non si sente più.
Il film successivo era un dvd databile al 2000 e si poteva vedere tutta la differenza con quello precedente che era a cavallo fra gli anni ’80 e ’90.
Poi, manifestate la mia voglia di vedere un giorno il mitico film “Moana e Cicciolina ai Mondiali”, un classico che ha fatto storia e che il mio amico Marino ha avuto la fortuna di vedere e accordatoci nel poter far cambiare la visione decidessimo di vivere questa esperienza, è scoppiato il dibattito di chi trombava meglio fra Ilona e Moana.
Dibattito acceso fra i due gestori del Mignon col proiezionista che ha affermato: -io le ho conosciute tutte e due e per me è meglio Cicciolina.-
L’altro, fan di Moana, ha ribattuto col suo accento emiliano:-Ma va la, le hai conosciute mica chiavate.-
Il classico dibattito ciclistico dei miei nonni su chi era meglio: Coppi o Bartali?
Naturalmente in salsa pornografica.
Finita l’esperienza con la foto di comitiva eccoci tornati alla vita di tutti i giorni non arrapati ma con una esperienza in più nel nostro bagaglio culturale e con la voglia di ritornarci per goderci un vero classico magari con ancora un altro spirito, quello goliardico di chi non va più a scoprire una zona d’ombra della vita ma a godersi la luna e le stelle di un angolo di notte.

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