Che grande e bella emozione è stata quella scaturita dalla
vista del Mignon, il cinema porno di Ferrara.
Per molti il film porno non è considerato un vero e proprio
film, ed è comprensibile vedendo quello che internet ci propina, ma alcune
volte non è così.
È un genere fatto di molti stereotipi come lo sono tanti
altri generi: western , col duello finale dove il buono vince sempre; il
giallo, l’assassino è il maggiordomo; il romantico, coi due destinati ad
innamorarsi che si amano alla fine del film; la commedia, l’uomo che scivola
sulla buccia di banana e la conclusione di ogni scena è portata all’atto sessuale
esplicito eppure un film è un insieme di caratteristiche che non comprendono
solo gli attori, la regia, la sceneggiatura e le musiche ma comprendono, ad
esempio, anche la fotografia e i costumi.
La differenza la fa in un film un po’ tutto, ma soprattutto
il tempo che passa che fa vedere il film in un’altra ottica.
Belle donne che palesemente fingevano di godere, sesso senza
dialogo, e una fotografia bella ma senz’anima.
Delusi da questa seconda programmazione siamo usciti dal
film e dopo un giro in bagno, caratteristico anche questo con gli orinatori
anni ottanta come le mattonelle, ci siamo messi a parlare col cassiere e il
proiezionista.
Ci hanno dapprima raccontato la storia del locale, che ha
anche visto fra le altre cose anche una kermesse di Pasolini, per poi
raccontarci la verità del Mignon che altri non è che una zona franca che le
persone hanno trovato lontano dalle famiglie.
In pratica poco differente da una bocciofila.
Renzo Montagani, Lino Banfi, Alvaro Vitali sono solo tre
nomi di attori di un commedia denigrata che oggi è cult.
Sergio Leone ha riscritto col suo taglio un genere violento,
razzista, scontato, trasformandolo in alcuni tratti e facendolo apprezzare a
tutto il mondo.
Anche nel genere porno ci sono dei personaggi che hanno
fatto la storia del cinema e della società (Joe D’amato e Moana Pozzi sono solo
la punta di un iceberg) e che curano con meticolosità un genere di nicchia.
Questo genere rende nudo e crudo, e a tratti paradossale,
uno dei momenti più intimi dell’essere umano ma, come ho appena scritto, ci
sono modi e modi per farlo.
Il Mignon è forse uno degli ultimi angoli al mondo dove
vedere un film porno non è un peccato ma un piacere.
Il Mignon si trova in una chiesa sconsacrata, nell’edificio
più storico di Ferrara e trasmette i film in pellicola, con la “pizza”.
In questa realtà ci sono tante leggende, non si sa quanto
vere e non si sa quanto metropolitane, io non ho visto nulla di strano.
Appena entrato in sala con gli amici Kikko e Fergy, le
uniche persone che conosco intellettualmente adatte a farmi vivere
un’esperienza del genere con tranquillità, la prima cosa che ho notato era
l’odore.
Velluto impolverato e sudato.
Lo stesso odore che sentivo quando mi addormentavo da
piccolo in estate sul divano di mia nonna quando era giù a Salerno.
Il film, confesso, non era un granché, viveva di un
canovaccio costruito dentro la classica clinica medica e non di una trama, ma è
stato interessante interpretare questa pellicola. In fondo come ci insegna
Pirandello tutto è uno, nessuno, centomila.
In questo film, per noi, si è evidenziato il passaggio fra
la vecchia scuola fatta di pelo e romanticismo, a quella moderna dove le donne
sono glabre e non parlano mai.
Un film all’epoca improntato alla pura e semplice
masturbazione che però cercava a tratti di dargli un senso logico per non
essere un film fine a se stesso.
E questa logica ha un senso contando che la visione di un
film vietato ai minori passava giocoforza per le sale cinematografiche simili
al Mignon. Dove era un lusso avere in casa un videoregistratore, dove una
videocassetta hard era un ingombrante simbolo di perversione; dove internet era
un progetto militare e accessibile ai pochi.
Questo film cerca di giocare il tutto per tutto sull’abilità
degli interpreti, cosa comune nei film a basso costo, sperando nel guizzo di
genialità. Cosa che succedeva spesso nel cinema comico del dopoguerra dove
attori come Totò o Franco e Ciccio erano costretti ad improvvisare situazioni
comiche dando loro spessore.
È paradossale vedere che molti loro film dell’epoca non
furono apprezzati dalla critica, ma dal pubblico sì, e che oggi la nuova
critica li ha rivalutati riconoscendo in loro un talento che c’è sempre stato,
ma nascosto dietro la penna del recensore.
Qui mancavano grandi attori e francamente la differenza l’ha
fatta il tempo.
La prima scena era sullo stile vecchia scuola dove l’uomo
chiedeva il permesso per fare quello che voleva fare e che alla conclusione
chiedeva alla propria partner se le fosse piaciuto, regalandosi alla fine un
bagno insieme in piscina con un bacio e qualche altra carezza che chiudevano la
scena facendo immaginare all’avventore in sala un prosieguo di coccole simili a
quelle che si fanno con la propria compagna dopo il rapporto sessuale.
La seconda scena era l’opposto con una donna cacciatrice che
dopo aver azzittito due comare si è recata dal proprio uomo più bella che mai,
con un intimo da paura, e con fare da donna padrona. Era lei che comandava ed
era lei che decideva un po’ tutto come succede con la nuova scuola e lui zitto
accettava il gioco provando però, a far vedere che era lui alla fine a
comandare. Mi ricorda questo gioco delle parti quello che successe a mio cugino
che da piccolo fu minacciato dalla maestra di subire la convocazione del padre
e lui rispose con semplicità:-faccia pure. Tanto a casa chi comanda è mia
mamma.-
La terza scena era un lesbo non particolarmente interessante
(immortalata da Kikko in un video che sarà destinato a diventare un cimelio per
pochi), con due donne chiaramente distinguibili nel ruolo (maschile e
femminile) e dove la sensualità era poco accennata.
Non a caso “lo strappone”, un fallo di gomma che si allaccia
alla parte intima della donna, era già incorporato sotto gli abiti di una della
attrici.
Prolungata la scena orale nonostante mancasse il piacere del
tatto ad una delle protagoniste.
Sicuramente questo un canovaccio nato grazie al film “Gola
profonda” che ha creato la convinzione maschile che la donna gode nel fare il
rapporto orale ma che non tiene minimamente conto che il piacere del rapporto
orale è dovuto al senso unico di piacere dove uno dà all’altro il piace
sessuale trovando il proprio nell’orgoglio di esserci riuscito senza averlo
fatto provare.
Forse per questo motivo, il regista conscio che in tutto
questo non c’era una vero senso di piacere, ha fatto spuntare dal cilindro un
uomo che completa la scena in prima istanza senza penetrazioni con una fellatio
per poi regalare due minuti di contatto anal con la donna femmina che a sua
volta aveva un rapporto vaginale con la donna uomo.
Ultima scena degna di nota è la sesta, in quanto comica,
dove un ammalato sulla sessantina viene “spompinato” dalla donna uomo di
qualche scena fa.
A renderla paradossale il doppiaggio e l’espressioni
facciali dell’attore che palesemente non aveva nessun rapporto orale.
Situazione che oggi non si vede più in quanto si è scoperto
l’audio originale e sono finiti i camei dei registi che interpretavano il lato
voyeur o comico del film.
In tutto questo susseguirsi di scene c’è stata tutta la vita
del cinema con la pellicola consumata che andava fuorifuoco; con gli avventori
che entravano e si mettevano o infondo alla sala a fumare e vivere solitari
questa esperienza, oppure davanti a commentare in maniera goliardica il film
attualizzandolo alla vita di tutti i giorni, deridendosi e pronti ad uscire in
massa per vedere il replay del gol dell’Italia alla Bulgaria.
Ma ancora più interessante e romantico, soprattutto per chi
è un amante dei film, il rumore di sottofondo della pellicola che girava nella
macchia. Rumore di sottofondo che al cinema d’oggi non si sente più.
Il film successivo era un dvd databile al 2000 e si poteva
vedere tutta la differenza con quello precedente che era a cavallo fra gli anni
’80 e ’90.
Poi, manifestate la mia voglia di vedere un giorno il mitico
film “Moana e Cicciolina ai Mondiali”, un classico che ha fatto storia e che il
mio amico Marino ha avuto la fortuna di vedere e accordatoci nel poter far
cambiare la visione decidessimo di vivere questa esperienza, è scoppiato il
dibattito di chi trombava meglio fra Ilona e Moana.
Dibattito acceso fra i due gestori del Mignon col
proiezionista che ha affermato: -io le ho conosciute tutte e due e per me è
meglio Cicciolina.-
L’altro, fan di Moana, ha ribattuto col suo accento
emiliano:-Ma va la, le hai conosciute mica chiavate.-
Il classico dibattito ciclistico dei miei nonni su chi era
meglio: Coppi o Bartali?
Naturalmente in salsa pornografica.
Finita l’esperienza con la foto di comitiva eccoci tornati
alla vita di tutti i giorni non arrapati ma con una esperienza in più nel
nostro bagaglio culturale e con la voglia di ritornarci per goderci un vero
classico magari con ancora un altro spirito, quello goliardico di chi non va
più a scoprire una zona d’ombra della vita ma a godersi la luna e le stelle di
un angolo di notte.
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