giovedì 8 gennaio 2015

L’uomo dei sogni

“Se lo costruisci, lui tornerà.”
“L’uomo dei sogni” è un bel film, poetico che però solo un americano può capire a pieno.
Quando lo vidi per la prima volta non capii chi erano quei giocatori che si allenavano nel campo di Kevin Costner.
Sapevo che erano gli spiriti di ex giocatori ma non riuscivo a capire di chi.
Studenti? Giocatori famosi?
Fra di loro poi c’è il papà del protagonista e questo, non per un americano, rende tutto più difficile.
Lì, negli USA, spesso i collegiali valgono di più dei professionisti.
Le loro storie sono più leggendarie di chi vince uno superball.
Poi grazie a wikipedia ho scoperto poco fa che erano i giocatori del Chicago White Sox.
Dello scandalo dei Black Sox avevo conosciuto la storia tramite “otto uomini fuori” con Charlie Sheen ma non conoscendo il baseball e i Chicago White Sox non ero riuscito a collegare gli eventi.
Nonostante ciò, come ho scritto prima è un bel film anche se per i canoni miei personali non posso che dare ragione al personaggio di  Robin del telefilm a “vi presento vostra madre” che lo definisce noioso.
È lento, incastonato alla fine degli anni ‘80 con un Kevin Coster bravo ma “poco grintoso”.
Devo ammetterlo che se devo paragonarlo ad un altro genere americano lo vedo come la classica balla country che fa una tipa con cappello da cowboy, con bei boccoli biondi e chitarra su un palco in un locale disperso in una contea sperduta e polverosa nei pressi di una rue che ha fatto la fortuna dell’America.
È americano.
Infatti leggendo fra le curiosità di wikipedia scopro che nel telefilm Sirene uno afferma che questo film è uno delle uniche "tre cose per cui un uomo possa piangere", le atre due sono rispettivamente la nascita di un figlio e la morte di Mike Ditka.
Sfido qualsiasi italiano a dire chi è Mike Ditka…

Voto del film 7.




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